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1842

FUCILE AUGUSTIN DA FANTERIA DI LINEA AUSTRIACA

prima guerra d'indipendenza, fanteria di linea, impero d'austria, risorgimento, armamento

L’Infanteriegewehr 1842 “Augustin-Console” fu un fucile a percussione tubolare adottato dall’esercito austriaco a partire dal 1842 e impiegato fino a circa il 1861. Nacque nel contesto delle trasformazioni tecnologiche che interessarono gli eserciti europei tra la fine degli anni Trenta e l’inizio degli anni Quaranta dell’Ottocento, quando l’Impero austriaco si dovette confrontare con la necessità di sostituire i propri fucili a pietra focaia con modelli più moderni a percussione. 

La genesi di quest’arma rispondeva a diverse esigenze. Da un lato, l’evoluzione tecnica imposta dal progresso armiero spingeva verso l’adozione di nuovi sistemi d’innesco, più affidabili e rapidi rispetto al sistema a pietra focaia. Dall’altro, le autorità austriache intendevano evitare il pagamento dei diritti brevettuali agli inglesi per la produzione delle capsule per luminelli, componente fondamentale dei sistemi a percussione più comuni dell’epoca. A ciò si aggiungeva la volontà di trovare una soluzione che consentisse una rapida ed economica conversione dei vecchi fucili a pietra focaia, piuttosto che procedere alla loro completa sostituzione.

In questo processo, un ruolo centrale fu ricoperto da Giuseppe Console, armaiolo milanese che nel 1831 mise a punto un sistema di conversione alternativo. Il suo metodo prevedeva l’inserimento, nel focone del fucile, di un piccolo tubicino contenente fulminato di mercurio. Il sistema richiedeva la modifica di tre elementi fondamentali del meccanismo di sparo: la realizzazione di un foro per ospitare il tubetto di innesco, l’introduzione di un meccanismo per coprire e proteggere il tubetto, e la sostituzione della pietra focaia con un blocco d’acciaio fissato nelle ganasce del cane.

Il progetto fu accolto con interesse da parte dell’apparato militare, anche per l’appoggio ricevuto da Natale Felice Beroaldo-Bianchini, capo dell’arsenale di Vienna. Quest’ultimo giudicava infatti inadeguato il sistema a capsula per l’uso militare, ritenendo le capsule troppo piccole e difficili da maneggiare in condizioni operative. Tale cosa, in realtà, nasceva dal fatto che Beroaldo-Bianchini aveva preso come modello le capsule civili, le quali erano ben più piccole di quelle militari. La proposta di Console, più semplice e pratica, sembrava dunque offrire una risposta concreta alle esigenze dell’esercito imperiale.

Il sistema messo a punto da Giuseppe Console fu accolto con iniziale favore dalle autorità militari austriache, tanto che, nella primavera del 1835, venne avviata una prima produzione sperimentale destinata ai reparti scelti degli Jäger, in particolare al 6º battaglione. L’obiettivo era quello di testare l’efficacia della nuova arma in condizioni operative. Le prove si rivelarono soddisfacenti, tanto che l’imperatore Ferdinando, il 26 agosto 1835, istituì una commissione per valutare l’adozione ufficiale dell’arma. Tra questi vi era anche il barone Vincenz von Augustin. I test sperimentali confermarono l’efficacia del sistema Console, evidenziando un netto miglioramento nelle prestazioni operative rispetto ai fucili a pietra focaia. In particolare, emerse che, nel tempo necessario a un soldato armato con il vecchio sistema per sparare cinque colpi, un militare dotato del nuovo fucile riusciva a mettere a segno ben dodici colpi. Questo significativo incremento nella cadenza di fuoco fu determinante per convincere le autorità militari della validità del progetto e contribuì in modo decisivo all’approvazione e all’adozione del sistema che avvenne il 9 gennaio 1836.

Nonostante questo, Natale Felice Beroaldo-Bianchini espresse forti riserve, ritenendo il sistema di Console non ancora valido. Sebbene il capo dell’arsenale di Vienna fosse stato eccessivamente critico, le sue osservazioni non erano così ben prive di fondamento. Prima di tutto i tubicini erano fissati alla cartuccia di carta con un filo metallico, il quale tendeva facilmente a impigliarsi all’interno della giberna, ostacolando l’estrazione e la manipolazione delle munizioni. In secondo luogo, se lo sportellino del focone veniva chiuso con troppa forza, si rischiava di innescare accidentalmente il tubicino, con potenziali conseguenze pericolose. Inoltre, la lunghezza eccessiva del filo rendeva i tubicini particolarmente vulnerabili: se uno di essi cadeva accidentalmente nella cassetta tra due palle da fucile, vi era il rischio concreto di innesco accidentale delle cartucce. Inultimo, ma non meno importante, la detonazione del tubicino avveniva in prossimità del volto del tiratore, con la possibilità che piccole schegge incandescenti colpissero l’occhio utilizzato per la mira, compromettendo la sicurezza del soldato.

Queste osservazioni, benché critiche, si rivelarono preziose per l’evoluzione tecnica del progetto. Tuttavia, non fu Console a farsi carico del lavoro di revisione, ma il già citato Vincenz von Augustin, ispettore generale delle armi portatili e dell’artiglieria presso l’arsenale di Vienna. Fu lui a guidare il perfezionamento del sistema, portando alla realizzazione di una versione migliorata e più sicura del meccanismo. Uno degli ostacoli principali che si presentarono fu di natura tecnica e riguardò la scarsa uniformità dimensionale delle batterie prodotte dai diversi manifatturieri austriaci. Sebbene già a partire dal 1798 l’esercito imperiale avesse tentato di introdurre regolamenti centralizzati per la standardizzazione delle componenti meccaniche delle armi da fuoco, tali direttive non vennero mai applicate in maniera efficace. Questo divenne particolarmente problematico con il sistema Console, che richiedeva una precisione notevole nell’allineamento tra il bacinetto e il focone: qualsiasi disallineamento comprometteva l’affidabilità dell’innesco, rendendo il fucile inadeguato all’impiego militare.

In un primo momento, Augustin tentò di adattare il sistema Console alle reali condizioni produttive dell’industria armiera austriaca e di rispondere al tempo stesso alle osservazioni critiche avanzate da Beroaldo-Bianchini. Tuttavia, tali tentativi non portarono ai risultati sperati. Egli fu quindi costretto a compiere una scelta radicale: abbandonare il progetto di conversione dei vecchi fucili a pietra focaia e disegnare ex novo un intero sistema di batteria compatibile con una produzione standardizzata e affidabile. Questa decisione rappresentò una significativa inversione di rotta rispetto agli obiettivi originari, i quali prevedevano un ammodernamento rapido ed economico dell’armamento esistente. La rinuncia a questo principio comportò un ingente dispendio di risorse economiche e di tempo per l’Impero austriaco, costretto ora a intraprendere un programma di produzione completamente nuovo e più oneroso.

Augustin, in questo processo, introdusse un’importante innovazione: l’avvitamento di un piccolo tubicino metallico, detto “kern” (inserto guida), all’interno del focone. Questo elemento era concepito per accogliere parzialmente il tubicino d’innesco e convogliare la fiamma direttamente verso la carica di lancio. Questo inserto veniva realizzato con estrema precisione e calibrato in modo da adattarsi perfettamente sia alla canna che alla batteria, rendendo così necessaria l’applicazione rigorosa degli standard militari di produzione.

Un ulteriore intervento tecnico riguardò il coperchio del bacinetto, o “deckel” (coperchio), che nel sistema Console sostituiva la classica piastra d'acciaio dei fucili a pietra. Augustin ridisegnò il coperchio aggiungendo un elemento mobile, detto “zahn” (dente), dal peso molto contenuto (circa 8 grammi). Questo componente, lasciato libero di muoversi, era sufficientemente leggero e flessibile da non poter innescare accidentalmente il tubicino, nemmeno nel caso in cui il coperchio venisse chiuso in modo brusco.

Infine, Augustin sostituì il cane del fucile – che originariamente stringeva un blocco d’acciaio al posto della pietra – con un classico cane a percussione, standardizzato e adatto al nuovo sistema. L’intera batteria venne ripensata per una produzione completamente meccanizzata, garantendo per la prima volta l’intercambiabilità completa dei pezzi, una caratteristica fondamentale per l’efficienza logistica dell’esercito.

Come detto prima, questa serie di innovazioni comportarono un cambiamento radicale nella produzione delle armi. Sebbene alcune canne dei vecchi fucili potessero essere riutilizzate, a condizione che fossero in buono stato, le nuove batterie richiedevano calciature appositamente progettate, rendendo di fatto impossibile la conversione dei vecchi fucili a pietra focaia. A partire da quel momento, divenne evidente che il sistema Console-Augustin non sarebbe stato un progetto di conversione, ma avrebbe richiesto la produzione ex novo di una nuova linea di fucili, con costi e tempi ben più elevati rispetto alle aspettative iniziali.

Fu a questo punto che intervenne il barone Vincenz von Augustin, figura chiave per la definitiva affermazione del progetto. Egli apportò importanti modifiche tecniche, intervenendo sia sulla batteria sia sulla cartuccia, che fu leggermente riprogettata per impedire l’uscita accidentale del tubicino d’innesco. Grazie a questi accorgimenti, si superarono le criticità sollevate da Beroaldo-Bianchini.

Un altro problema da risolvere rimase la questione dell’innesco (detto “Zunder”), il quale era ancora poco efficace. Infatti, nei primi modelli di Console, il tasso di cilecca si aggirava attorno al 10%, un valore troppo elevato per gli standard militari. Augustin perfezionò anche questo, riuscendo ad attestarsi ad un 6% che però era ancora ben distante dalle tolleranze imposte dalla commissione (che era l’1%). 

Nonostante questo, dopo ulteriori test, nel 1842 il nuovo modello fu approvato per la produzione in serie. L’arma, denominata Console-Augustin 1842, entrò ufficialmente in produzione l’anno successivo, nel 1843. Intanto Augustin continuava a lavorare al perfezionamento degli inneschi, cosa che raggiunse nel 1845. Egli decise di sostituire la miscela d’innesco con una sostanza più potente, adottando il fulminato di mercurio, già largamente impiegato nei sistemi a capsula. La prima fabbrica incaricata della produzione del nuovo tubicino d’innesco fu lo stabilimento del K.K.Feuerwerkskorps di Wiener Neustadt. A essa seguì l’apertura di un secondo impianto a Praga della ditta Sellier & Bellot, mentre erano in corso progetti per la realizzazione di un ulteriore sito produttivo a Budapest (che non avvenne a causa della rivoluzione del 1848).

Il fucile Augustin fu impiegato in diverse campagne militari, tra cui i moti rivoluzionari del 1848-1849 in Italia e in Ungheria, e – seppur in misura limitata – anche durante la Seconda guerra d’indipendenza italiana del 1859. A partire dal 1855, il modello cominciò ad essere progressivamente convertito al più moderno sistema a capsula, ispirato al progetto del fucile Lorenz.

Nonostante l’introduzione di nuovi modelli, l’Augustin continuò probabilmente ad essere utilizzato anche oltre il 1861, in particolare all’interno di fortificazioni o in ruoli secondari. In quello stesso anno, una parte consistente degli esemplari venne venduta agli Stati Uniti d’America, in particolare all’Unione, che acquistò circa 68.000 pezzi, per lo più già convertiti al sistema Lorenz.

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