BRIGANTI, 2024 | RECENSIONE
- R. De Vecchis
- 22 apr
- Tempo di lettura: 2 min
La guerra al brigantaggio è stato uno dei periodi più oscuri della storia d’Italia, una macchia sulla coscienza della classe dirigente del neonato Regno d’Italia, incapace di affrontare in modo adeguato le profonde problematiche del Meridione.
L’abbandono prolungato di questi temi, per nulla semplici, ha lasciato spazio al folklore che negli anni ha colmato questi vuoti storiografici. Oggi, quel folklore ha preso forma in “Briganti”, la serie Netflix del 2024, che con pretese storiche scade in un ‘spaghetti western’ moderno.

La trama, fortemente romanzata, segue le vicende di Filomena De Marco, una borghese che poiché ha ucciso il marito fugge e si unisce alla ‘Banda Monaco’ , che è alla ricerca dell’oro rubato fulcro della vicenda, seguendo una mappa del tesoro con la classica 'X', un espediente narrativo semplice ma chiaramente poco plausibile.
La protagonista della serie è un personaggio che trae origine da Filomena Pennacchio, che che fu tra le più note donne che aderirono al brigantaggio postunitario. Oltre a lei, anche gli altri personaggi femminili della serie prendono il nome di altre famose briganti operanti nel Meridione.

Più credibile è invece l’antagonista della vicenda, l’ufficiale Pietro Fumel del Regio Esercito, anch'egli realmente esistito e tristemente noto per la sua efferatezza verso i briganti, tanto da essere stato rimosso dall’incarico dopo aver decimato numerose bande armate. Tuttavia, egli viene rappresentato con toni esagerati, come esagerati sono i “piemontesi”, così chiamati dai briganti, dimenticandosi che all’epoca a combattere contro il brigantaggio c’erano militari provenienti da ogni parte d'Italia, compresa ogni regione del Sud.

Dal punto di vista estetico, vengono presentate ottime scenografie suggestive e costumi di scena ben curati, anche se non del tutto accurati. Se alcune imprecisioni si possono tralasciare, altre stonano troppo. Tra queste il personaggio di Giuseppe Schiavone detto lo 'Sparviero', brigante pugliese storicamente esistito, che nella serie è chiaramente ispirato a Terence Hill in “Lo chiamavano Trinità”. Non è l’unica citazione al far west, incoerente al contesto storico, presente nella serie.

"Briganti" solleva molte perplessità. Davanti a un tema tanto controverso, ci si chiede se fosse davvero necessario uno sceneggiato che, invece di approfondire la complessità del fenomeno, rischia di alimentare ulteriormente divisioni e inesattezze storiche, volendo banalizzare il tutto in uno scontro tra Bene e Male, Eroi e Malvagi, Sud e Nord?
Vi interessa scoprire ulteriori film e serie tv storiche? Abbiamo già pubblicato diverse recensioni delle più recenti rappresentazioni cinematografiche che raccontano episodi chiave dell'età napoleonica e del Risorgimento, che sono presenti e disponibili sempre sulla sezione blog del nostro sito web.
Tra queste c'è anche la recensione de "La Banda Grossi – Una storia vera quasi dimenticata", un film ambientato nelle Marche e che ripercorre la storia di un'altra celebre banda di briganti. La storia si fa popolare nel grande e piccolo schermo: scrivici nei commenti e proponi la prossima recensione da realizzare, e continua a seguire Acrimperi per vivere la Storia!
Comments