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L. Danieli

NAPOLEON, 2023, DI RIDLEY SCOTT | RECENSIONE

Una battuta del Cavaliere Oscuro di Nolan diventata ormai un comune adagio recita "muori da eroe o vivi abbastanza a lungo da diventare il cattivo". Ben si adatta al rapporto di Ridley Scott con l'epopea napoleonica: iniziò la sua carriera con il film The Duellists nel 1977, un capolavoro che lo elevò a vero eroe della filmografia su quel periodo e oggi, nel 2023, tutto quel talento sembra esser perduto, con citazione dal suo Blade Runner, "come lacrime nella pioggia", lasciandoci il regista inglese come uno dei cattivi film-maker che non hanno saputo gestire un personaggio ingombrante come Napoleone.



Si deve partire da un presupposto: ogni film su Napoleone è divisivo non solo in quanto il personaggio stesso è divisivo, ma anche perché ha due segmenti di pubblico a cui si rivolge: gli appassionati -di cui una significativa componente spesso può ritenersi fanatica- e i profani.


Il Napoleon di Ridley Scott è pensato esclusivamente per chi di Napoleone e della sua storia ha una conoscenza meno che scolastica e moltissime delle scelte di regia lo confermano: il continuo ripetere degli spiegoni, le riprese ricorrenti degli arrivi in determinati luoghi, l'uso non solo di indicazione geografica e data ma anche del capitolo per accompagnare le menti più semplici.

Napoleone è quello col cappello, anche in sale gremite di persone che non lo indossano. E' quello che cerca di fare lo sguardo d'aquila anche quando non serve.



Detto questo si può entrare nel merito: anzitutto lui, l'attore. Joaquin Phoenix ha 49 anni. Li porta bene, ma per impersonare il Napoleone di Tolone, 24 anni ci voleva parecchia CGI -che comunque non è stata abusata in parecchie scene-.

Il Napoleone rappresentato sullo schermo è un uomo che non evolve, fisso nella sua forma, esattamente come Phoenix nei suoi 49 anni. Cambia l'uniforme ma non gli atteggiamenti: che sia il Capitano Bonaparte o l'Imperatore Napoleone, i gesti, il linguaggio, la fisicità non si modificano.

Le grandi doti attoriali di Phoenix non vengono sfruttate: si passa al massimo dallo sguardo gelido all'isterismo geloso. Persino la fastidiosa e ossessiva componente pretestuosamente erotica del film non si adatta all'uomo che non riesce a trasmettere amore, ma solo la stessa ossessione.

Le battute, poche, brevi, assolutamente non contestualizzate col linguaggio d'epoca, sono ridondanti, meccaniche, prive della celebre loquacità di Napoleone e della sua retorica. Il solo momento degno è quello dell'incoronazione in cui recita la frase, bruciata malamente dai trailer che più o meno dice "ho raccolto la corona di Francia dal fango, etc.". Non entro nel merito dell'incapacità di sottolineare come Napoleone non era Imperatore di Francia bensì dei Francesi, ma tant'è.





Lei: Vanessa Kirby è splendida. Molto più bella della figura storica ma passi anche questo. Esordisce in una scena anche ben costruita come scenografia e atmosfera, in cui N. la vede e la fissa. La sceneggiatura si spreca: "Mi state fissando?""Sì, vi sto fissando".

Nessun tentativo di far scorgere la pianificazione della relazione del giovane Bonaparte che vede attraverso lei il suo amante Barras come chiave per la scalata al potere. E Giuseppina di amanti ne ha e se da un lato quasi si spinge a giudicarla come una donna lasciva, dall'altra si cerca goffamente di far passare il concetto che il potere di Napoleone fosse comunque sottoposto alla non custodita "sorpresa" che cela tra le sue cosce.

Le scene di sesso, fin troppo numerose, ridicole, imbarazzano tanto il pubblico quanto Napoleone e scadono nel grottesco. Lei che non si mostra compiaciuta, lui che si dibatte nevroticamente nell'amplesso, gli specchi che riflettono e amplificano la scena come in un set pornografico con dominatrici che si concedono.

Nessuno sviluppo della sua sofferenza come donna che non riesce a dare un erede all'imperiale marito. Nessuna comprensione per la sua ricerca di felicità. Nessuno spaccato del rapporto di lei coi figli Eugenio e Ortensia.

Giuseppina ha un potere dogmatico, come quello del consorte, che nel film sembrano più immeritati e casuali che costruiti da persone di non comune ingegno.

Nemmeno le lettere a lei indirizzate, usate come espediente narrativo per tirare avanti la trama troppo frammentaria, contengono amore. Peccato.



Di altri personaggi, praticamente non si ricorda nessuno. Né i marescialli, né le gli avversari, né la madre e i fratelli, né le altre amanti di N. (di cui non v'è traccia se non della seconda moglie Maria Luisa). Tanti compaiono (e anche un appassionato fa fatica a riconoscerli in quanto sembrano esser stati scelti per la mancanza di somiglianza con gli originali) ma la scelta sembra casuale. Se alcuni come Robespierre, Barras, Talleyrand e Fouché hanno qualche battuta in cui si esprime la mediocrità degli uomini più della loro grandezza storica, dei marescialli si hanno meno che comparsate, escluso forse Caulaincourt su cui si indugia anche troppo senza ragione.

Se l'obiettivo era quello di avere un Titano tra le formiche, in un certo senso il risultato è stato conseguito, ma più che un Titano il Napoleone di Scott non è altro che una cavalletta alla Bug's Life che minaccia e aggredisce le formichine.

Il solo personaggio secondario che emerge nel piattume generale è ovviamente il Duca di Wellington. Impersonato da Rupert Everett, dico ovviamente perché purtroppo da un regista inglese non si poteva sperare che s'uscisse dallo stereotipo storicamente erroneo della vittoria contro Napoleone come opera esclusivamente Albionica.

Ad imprimere ancora di più questa idea si ha ad esempio la scena di Wellesley (il cognome del duca di Wellington) che presiede il congresso di Vienna, gestito, come noto a tutti, dal Principe di Metternich (che per ragioni ignote è ritratto nel film con dei baffi che non ha mai portato in vita).



Senza entrare in un'analisi storica del film che sarebbe noiosa e, come ha detto il regista in una excusatio non petita, "non si tratta di un documentario ma di un film", ciò che manca e che, a mio avviso, è il vero problema di fondo del film, è un messaggio: cosa voleva dire il Napoleone di Scott al pubblico?


  • Le scritte che compaiono prima dei titoli di coda elencano i morti delle campagne napoleoniche: si voleva dare la lettura del despota che ha sacrificato milioni di vite per la sua ambizione? Se sì, perché non si è insistito maggiormente sui massacri, sui sacrifici fatti da quella generazione europea, sulla volontà cieca di continuare ad andare "en avant" anche quando tutto era evidentemente perduto?


  • Forse si voleva descrivere invece il privato, l'uomo dietro la maschera? Se è così, e forse è davvero così, il risultato, oltre che poco chiaro nelle inutili alternanze con le battaglie mal rappresentate (poco e male) è cringe: non vi è traccia dell'amante, dell'uomo di passione, del grande lavoratore, del maniaco del controllo, non vi è traccia del genio che ha affascinato ogni persona con cui è entrato in contatto. Ne esce un uomo piccolo, meschino, fragile e ridicolo, una caricatura degna della satira inglese dell'Ottocento: non ci si capacita di come sia arrivato al potere e abbia tenuto sotto il suo stivale l'Europa per un ventennio.


  • Forse non si sapeva bene cosa fare e si è tentato di fare di tutto un po': un po' il privato, un po' l'uomo pubblico, un po' il provincialotto ambizioso, un po' il bravo condottiero che si espone al fuoco nemico anche quando non necessario (cosa stupida oltre che non vera salvo che in pochissime occasioni). Si poteva fare qualcosa di meno confuso? Certamente.


Un film senza messaggio si riduce quindi ad un insieme di scene sconnesse, legate goffamente dalla voce fuori campo dell'imperatore che legge qualche brano di lettera inviata a Giuseppina. Che espediente banale.





C'è qualcosa di buono?

In linea di massima ho trovato una discreta qualità dei costumi civili e delle uniformi militari francesi ed inglesi (eccetto qualche problema di taglia che si vede anche nei poster di lancio (ma perché?!) che, abbinata ad una bella fotografia , soprattutto quando priva di interventi in CGI, rende alcune scene particolarmente d'impatto, con un effetto volutamente pittorico e citazionistico.

Mi rassegno di fronte al fatto che austriaci e russi, tranne che in qualche bello sceneggiato su Guerra e Pace, siano trattati solo come macchie di colore non curandone minimamente le tenute.


La musica, in larga parte brani d'epoca, è apprezzabile anche se da un po' l'idea di un'emulazione del Barry Lindon di Kubrick piuttosto che d'una intenzionalità di attenersi alla musica coeva con il contesto rappresentato. Tutto sommato la si può promuovere.





Qualche scena che si può considerare abbastanza riuscita?

  1. La decapitazione di Maria Antonietta, con cui si apre il film, è davvero da pelle d'oca e, nonostante N. non fosse storicamente presente, il non vederlo esultare nella folla rappresenta bene la sua natura di uomo che non ha amato gli eccessi della Rivoluzione;

  2. L'assedio di Tolone, per quanto non sia andato esattamente così, è reso bene e tutto sommato ha trasmesso l'idea dell'ingegno del giovane Capitano Bonaparte;

  3. La scena della mummia dopo la battaglia delle Piramidi, per quanto non sia efficace, parte dallo spunto interessante del rapporto di Napoleone che cerca l'eternità e che si confronta con essa;

  4. Le Sacre: l'incoronazione è ben fatta benché sia ovviamente ridimensionata e semplificata rispetto al fatto storico ma nel complesso è molto efficace e ho apprezzato il dettaglio di David che disegna la scena, forse avrei apprezzato di più se questa chicca non fosse stata poi ribadita nella scena successiva togliendole "finezza";

  5. Grande vuoto di bei momenti ben resi fino alla scena conclusiva in cui N. a S. Elena afferma di aver comunque vinto in Russia mentre le due bambine lo contraddicono; rende l'immagine dell'uomo che anche di fronte all'evidenza non ha mai ceduto e nel suo Memoriale spesso mentirà spudoratamente per la sua gloria postera.




E la scena peggiore?


Senza dubbio Austerlitz: non solo il voler ridurre il tutto ad una "rissa" tra eserciti togliendo ogni tratto della tattica napoleonica; non il fatto che la Moravia sia diventata una sorta di regione alpina con rilievi impervi e non una zona di dolcissime colline; non la scena assurda del cannoneggiamento per colpire il povero cavaliere russo (che porta per ragioni ignote una bandiera austriaca) ; non i combattimenti tra le tende (ma quando mai?!); non l'assenza del celeberrimo Sole di Austerlitz; ciò che davvero fa inorridire è la mancanza del capolavoro strategico, del genio che si studia in ogni accademia militare, della capacità di coordinare decine di migliaia di uomini perché si trovassero al posto giusto al momento giusto. Tutto si riduce nel sorpresone del lago ghiacciato su cui gli sprovveduti austro russi vanno a farsi bombardare e ad annegare. Davvero imbarazzante. Non per gli austro-russi, ma per il film.



Fu vera gloria?


Non in questo film. Vedremo se la versione estesa che uscirà su Apple TV risulterà più armoniosa e riuscita ma molti dei punti di debolezza non credo potranno essere risolti nemmeno da altre 2 ore di contenuti.


Voto: 4/10


L. Danieli


Per informazioni: acrimperi@gmail.com



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