Forte Franz Joseph, poi rinominato forte Montecroce è l’ultima opera permanente absburgica aggiunta all’anello difensivo della piazzaforte di Peschiera.
Unico forte ad avere un’intitolazione, esso è dedicato a Francesco Giuseppe I. La necessità di questa nuova e modernissima opera è dettata dalla nascita e dallo sviluppo di nuove e più potenti artiglierie, a canna rigata e a retrocarica.
Progettato nel 1863 dal maggiore Joseph Leard e dal capitano Karl von Peche, della Genie Direction di Peschiera, i lavori iniziano nel 1864. Il progetto trae ispirazione anche dai precedenti forti di Pastrengo, a cura dell’architetto D. Salis-Soglio.
Per meglio proteggere la struttura dalla maggior precisione, potenza e penetrazione dei proiettili, gli architetti rivestono completamente, con grandi masse di terra, il fronte esposto verso il nemico, lasciando visibili solo sul fronte di gola le opere murarie in pietra.
La planimetria dell’opera principale non è più ascrivibile a un poligono regolare, come i precedenti forti di Peschiera, ma descrive un andamento curvilineo che forma una sorta di ferro di cavallo. Su questo tracciato sono disposti i due ordini concentrici di casematte ospitanti i cannoni.
Il forte disponeva di 11 cannoni a retrocarica, in ghisa, a canna rigata col sistema “la Hitte” costruiti su licenza prussiana. Il sistema di chiusura per la parte retrostante è il Wahrendorf.
V’erano altri 15 cannoni in bronzo ad avancarica, 8 obici e 6 mortai. La gittata dei pezzi ad anima liscia e ad avancarica era di circa 1 km, mentre quelli rigati a retrocarica potevano sparare fino a 4-5 km e anche oltre, ma questo dipende anche dal tipo di affusto su cui è montato il cannone. Affusti solitamente in legno, con ruote in ghisa, che permettevano il brandeggio e l’arretramento del pezzo.
Le casematte erano dotate di una serranda in ferro piena, che veniva chiusa durante le operazioni di ricarica del pezzo per salvaguardare gli artiglieri. Oltre ai cannoni le casematte espletavano tutte le altre necessità del forte, quali l’alloggio della guarnigione, lo stoccaggio delle munizioni e dei viveri ecc. ec..
A protezione dell’opera principale contro un eventuale assalto da parte di truppe appiedate, in sostituzione alle caponiere, i progettisti hanno inserito una galleria di fiancheggiamento. Si tratta di un fossato col perimetro in muratura nel quali si aprono feritoie per la fucileria e per l’artiglieria. Le postazioni per fucilieri e artiglieri erano interrate sotto il piano di calpestio e difficilmente espugnabili con tiri d’artiglieria in arcata, i malcapitati che finivano in questo fossato profondo circa 8 metri non avevano scampo.
Il forte fu oggetto di un’intensa attività di spionaggio da parte dell’esercito italiano, che lo mettono in primo piano tra gli obbiettivi da contrastare.
Proprio a causa della sua modernità ed efficienza il governo italiano, passato in possesso di questi territori dopo la guerra austro-prussiana, decise di smantellarlo, per farne calce e case. Le necessità della guerra, l’incalzante disoccupazione unite a una scarsa lungimiranza e sensibilità architettonico - paesaggistica, ci hanno privato non solo di uno dei massimi capolavori dell’arte fortificatoria, ma anche di una splendida coreografia di fortissimo impatto su chi si trova ad attraversare questo nostro territorio.
Sicuramente il significato di cosa fosse un campo trincerato, e cosa significasse un territorio votato alla guerra ci apparirebbe molto più chiaro, gli altri forti, per via della loro differente tipologia, non svettano molto sul territorio attuale fitto di alberature, Forte Montecroce invece sarebbe ancora oggi ben visibile, assai più che del castello e sarebbe un Landmark riconoscibile da tutta la sponda veronese del Garda, dai rilievi dell’anfiteatro morenico di Rivoli e dalle pendici del Monte Baldo.
Diverso discorso va fatto per chi arriva dalle colline moreniche, vedrebbe una massa scura di terra, forse coperta d’alberi, ma avrebbe una grossa sorpresa girandoci sotto e oltrepassandolo.
Il forte e tutta l’area circostante oggi è in mano privata, di più proprietari, alcuni dei nostri soci si sono messi in contatto con loro e ci hanno gentilmente aperto i cancelli.
Nel 150° anniversario della sua ultimazione, ci siamo recati in marcia da Forte Ardietti a Forte Franz Joseph per far posare ancora una volta l’aquila bicipite sulle rovine del suo nido di pietra.
Siamo scesi all’interno della poterna che collegava il corpo centrale con la galleria di fiancheggiamento, le fotografie della nostra uscita sono numerate e i numeri sono segnati in pianta e in sezione, in modo da darvi una minima idea di quello che doveva essere il forte.
Come avrete notato dal titolo questa è la parte prima dell’articolo, è nostra intenzione recarci di nuovo a forte Montecroce per un secondo sopralluogo, al fine di darvi un quadro completo dello stato delle rovine, e anche fornire, perché no, un’alternativa allo stato di abbandono in cui versa.
BIBLIOGRAFIA
Lino Vittorio Bozzetto, Peschiera, storia della città fortificata Umberto Pelosio, L’artiglieria dall’Austria all’Italia, in Forte Rivoli Il sistema di difesa della chiusa Veneta a cura di L.V. Bozzetto e Gino Banterla. La Fortezza di Peschiera, in Illustrazione Universale, 1864 L’illustrazione Italiana, 1905
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