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L. Manzati

FRANZ FREIHERR VON TRENCK (1711-1749)

Il 15 settembre 1742 l’intera Waldmünchen si svegliò in preda al panico: i panduri agli ordini del barone Trenck avevano appena saccheggiato la vicina città di Cham e ora questi pretendeva una lauta somma per risparmiare il piccolo paese della Baviera; alla fine gli invasori decisero di accontentarsi di 50 ducati d’oro di riscatto per il borgo e di altri 400 fiorini per la liberazione delle donne prese prigioniere nelle razzie dei giorni precedenti; inoltre Waldmünchen dovette ospitare a proprie spese il piccolo esercito del barone per ulteriori tre notti.

Questo evento è rimasto fortemente impresso nella memoria collettiva della comunità della cittadina bavarese, tanto da far organizzare un festival annuale che ne rievochi l’avvenimento e festeggi lo scampato pericolo. Ma chi fu questo insolito personaggio, questo temibile razziatore, che riuscì a terrorizzare l’Austria, la Slesia e la Baviera con le sue ardite e crudeli incursioni e a tramandare il ricordo delle sue imprese fino ai giorni nostri?



NASCITA E GIOVINEZZA

Il barone Franz von Trenck nacque a Reggio Calabria il 1 gennaio 1711, figlio terzogenito del barone Johann Heinrich Trenck e discendente da parte di madre di Gottardh Kettler, ultimo Gran Maestro dell’Ordine Portaspada e primo Duca di Curlandia. Il padre, figlio di un generale prussiano, era entrato nell’esercito imperiale durante l’assedio di Vienna del 1689 e alla nascita di Franz era in servizio da ben 22 anni.

Fin da piccolo la vita del futuro barone fu estremamente movimentata: appena nato scivolò dalle braccia della nutrice e cadde nel focolare, le cui fiamme lo lasciarono ustionato e parzialmente sfigurato. La famiglia era costretta a seguire il padre nei suoi trasferimenti in Italia e Ungheria e proprio durante uno di questi la loro carrozza uscì di strada, ribaltandosi: nell’incidente il fratello maggiore morì e il piccolo Franz si ruppe una gamba.

L’anno successivo (1718) la madre morì di crepacuore e il padre Heinrich fu gravemente ferito durante la battaglia di Milazzo; rimessosi in salute, Johann Trenck decise di rifiutare il comando della città di Messina per accettare quello della fortezza di Brod in Slavonia, più vicino alla sue proprietà croate.


Franz fu mandato a studiare dai gesuiti nel collegio di Ödenburg, ma sebbene fosse molto dotato si allontanò ben presto dalla scuola a causa del suo temperamento rissoso e incontrollabile, così il padre fu costretto a richiamarlo al feudo di famiglia di Pozega (Croazia), dove i gesuiti continuarono a tentare di educarlo.

Non appena ebbe l’età di 17 anni Franz decise di seguire le orme del padre, arruolandosi il 10 giugno 1728 nel reggimento di fanteria imperiale del conte Nicolas Pálffy v. Erdöd con il grado di Fähnrich (alfiere). L’assenza di azione militare però mal si confaceva al giovane Trenck, che passava continuamente da un duello ad una rissa, creandosi amanti e nemici in ogni città ove fosse inviato. La morte del fratello rimanente nel 1731 gettò il padre in un profondo stato di sconforto, facendogli decidere di voler allontanare il figlio dall’armata imperiale: il nuovo colonnello del reggimento, il duca di Sassonia-Hildburghausern, era un suo vecchio amico e accettò di congedare Franz, che si ritrovò di nuovo in Slavonia, ma con delle nuove proprietà regalategli dal vecchio Johann nei dintorni di Pakratz e con una moglie, anch’essa scelta dal padre. La sposa era Josepha von Tissler, figlia del comandante della fortezza di Petervaradino ed era già un’amante segreta dello stesso giovane Trenck; il matrimonio fu felice, ma alquanto breve poiché la moglie gli venne portata via dalla peste sei anni dopo e pure i quattro figli che nacquero da questa unione non raggiunsero l’adolescenza.


IL SERVIZIO IN RUSSIA E I PRIMI SCONTRI

Racconta il Trenck nelle sue memorie: “…nel 1737 m’annoiai ben tosto d’una vita molle ed oziosa, che mal confacevasi al mio focoso carattere. S’accese allora la Guerra con la Porta Ottomana…né sapevo adattarmi ad essere semplice spettatore di tante vicende…”. Desideroso quindi di esserne protagonista, Franz propose al Maresciallo imperiale conte di Seckendorf di reclutare a proprie spese un corpo di Panduri (ausiliari croati), ma quest’ultimo, che ne conosceva probabilmente il temperamento, rifiutò. Allora il Trenck decise di rivolgersi all’alleato russo, che ne accettò di buon grado il servizio, arruolandolo come capitano in un reggimento di ussari cumani. La sua condotta ardita e valorosa lo fece apprezzare e promuovere al rango di maggiore dei dragoni, ma dopo poco tempo la sua alterigia ebbe il sopravvento, facendolo scontrare con diversi ufficiali, soprattutto con il Feldzeugmeister von Löwenthal e con il suo colonnello, che aggredì. Fu quindi mandato davanti alla corte marziale che lo condannò alla pena capitale; il 10 gennaio 1740 doveva essere giustiziato, ma venne graziato dal Feldmaresciallo Münnich in persona e la pena fu commutata in due anni di carcere (poi ridotti a pochi mesi) e all’esilio dai territori russi.

Verso la fine dell’anno ritornò da suo padre, quest’ultimo ora colonnello e comandante della fortezza di Leutschau (Levoča), ma ebbe poca pace perché fu accusato di malversazione e dovette fuggire a Vienna; qui gli diedero asilo i frati Cappuccini, i quali lo misero anche in contatto con il duca di Lorena, sposo dell’imperatrice, che lo fece perdonare e tornare ai suoi possedimenti in Slavonia.



LA NASCITA DEI PANDURI E LA PRIMA GUERRA DI SLESIA


L’invasione prussiana della Slesia a dicembre dello stesso anno cambiò di nuovo le carte in tavola e Franz, vista la situazione critica per l’Impero, reiterò la sua proposta d’aiuto: questa volta venne accolta e il Trenck, grazie alla patente di maggiore del 27 febbraio 1741, reclutò rapidamente mille volontari serbi e croati che sfilarono a Vienna davanti all’imperatrice il 27 maggio.


L’impressione che fecero i panduri nella capitale fu grandissima, Franz von Trenck guidava 2 capitani, un tenente anziano, 5 tenenti, 40 sergenti, 80 caporali e 860 soldati semplici vestiti alla turchesca, tutti armati fino ai denti con almeno quattro pistole e due coltelli; accompagnava la sfilata la banda reggimentale con flauti, tamburi e cembali.


La prima guerra di Silesia vide l’instaurarsi di un forte legame tra il Trenck e i suoi uomini, guidati in azioni di guerriglia e trattati con il pugno di ferro dal loro comandante. La loro risolutezza era pari solo alla loro ferocia e, sebbene ne apprezzasse l’efficienza, il generale Neipperg fu costretto ad arrestare Franz per 5 settimane per insubordinazione; quando questo accadde però i suoi uomini si rifiutarono di combattere sotto altri comandanti e 40 di loro furono inviati ai lavori forzati alle trincee di Glatz.


Gli anni successivi furono forieri di imprese al limite dell’incredibile, con attacchi repentini e ferocissimi, caratterizzati però dalle enormi atrocità commesse contro la popolazione. Nei 6 mesi seguenti passarono agli ordini del Felmaresciallo Khevenhüller, attaccando Steyer, Plattling, Trauenstein, Lenggries e saccheggiando il confine austro-bavarese; Trenck fu redarguito di nuovo per la crudeltà dei suoi uomini, ma fu anche promosso a tenente colonnello e il suo corpo aumentato a 2500 uomini. A fine anno i panduri occuparono Zwiesel e razziarono in maniera particolarmente violenta la città di Cham, poiché luogo di un tentativo di omicidio ai danni del Trenck perpetrato dalla nobiltà locale. Nello stesso anno perì a Leutschau il padre, rendendolo così ufficialmente barone e unico erede: Johann Heinrich Trenck era deceduto mentre era ancora al comando della fortezza, dopo sessant’anni di servizio nell’esercito imperiale.


Nel 1743 Franz con i suoi corpi combattè sul Reno, distruggendo le opere di Fort Mortier e prendendo le ridotte dell’isola di Rheinmark, dove uccise di persona il generale francese Crèvecoeur.

Nella campagna del 1744 von Trenck con i suoi panduri prese Lauterburg, Neuburg, Teyn, Budweis (dove catturò il generale prussiano Kreutz) e il castello di Frauenberg, per poi essere ferito da una palla di cannone da tre libbre durante l’attacco a Kolin in novembre; nell’arco di pochi mesi aveva catturato più di 4500 nemici, 22 cannoni, 3 mortai, 7 bandiere e 3 stendardi, impressionando così il Khevenhüller che ne propose la promozione a colonnello all’imperatrice Maria Teresa. Il neo colonnello tornò quindi a Vienna a ricevere il grado, per poi tornare ai suoi possedimenti in Slavonia a prepararsi per la prossima campagna.


LA SECONDA GUERRA DI SLESIA

La guerra riprese l’anno successivo e il 1745 fu l’anno più glorioso e allo stesso tempo più terribile per l’Oberst von Trenck. Arruolati altri 800 panduri, attaccò la fortezza di Kosel prendendo prigionieri 18 ufficiali, 400 soldati semplici, 27 cannoni e 100 carri di munizioni; in agosto si spostò in Slesia con il grosso dell’armata dove riprese le sue crudeli razzie, dando fuoco ad esempio alla città di Neustadt, e a settembre attaccò e disperse una colonna prussiana forte di 12000 uomini a Loslau, catturando 16 cannoni e oltre 500 carri diretti al deposito di Jaromierz.

La battaglia di Soor del 30 settembre fu il suo canto del cigno: mentre l’attacco austriaco alle postazioni prussiane raggiungeva il culmine e faceva già presagire una facile vittoria imperiale, il barone Trenck con i suoi panduri irrompeva nell’accampamento nemico razziando addirittura la tenda personale di Federico II, derubandolo anche dell’argenteria; purtroppo la riscossa dei prussiani non si fece attendere e la sconfitta inasprì ancora di più gli animi (già non troppo favorevoli in verità) nei confronti dell’Oberst Franz, che fu pubblicamente accusato della disfatta in quanto avrebbe durante lo scontro catturato e poi rilasciato dietro compenso il re prussiano, compromettendone l’esito.

Tornato quindi a Vienna per la fine della campagna fu formalmente accusato e condannato, anche se poi l’imperatrice commutò la sentenza ad una semplice multa. Riprese quindi possesso delle sue terre in Slavonia e preparò un nuovo corpo di 600 uomini per la campagna d’Olanda del 1746, ma la pace lo sorprese prima che potesse di nuovo entrare in azione.



LA FINE E LA SUA EREDITA’

Accusato di nuovo di malversazione, si diresse di nuovo alla capitale per difendersi, dove fu messo ufficialmente agli arresti domiciliari. Franz prese alla leggera il provvedimento e iniziò a trascorrere il tempo nelle cene eleganti e nelle feste aristocratiche della città, finché una sera a teatro non si gettò in una loggia per aggredire uno dei suoi frequenti avversari, purtroppo alla presenza dell’imperatrice stessa che si vide costretta a farlo gettare di nuovo in carcere.


Il processo che seguì fu a dir poco una farsa: la corte marziale era presieduta dal generale von Löwenthal, nemico giurato di Franz dai tempi del suo servizio in Russia, e l’accusa consisteva nella malversazione dei fondi reggimentali, nell’aver aggredito e ucciso monaci e suore, nell’aver saccheggiato con i suoi panduri proprietà della Chiesa e in ripetuti atti di insubordinazione; anche la storia della Soor e del riscatto di Federico II venne tirata in ballo. Per peggiorare la situazione von Trenck non seppe tenere a bada il proprio pessimo carattere e aggredì il presidente della corte prendendolo per il bavero e portandolo alla finestra con l’intenzione di gettarvelo fuori: solo il rapido intervento delle guardie lo distolse dal proposito. Franz von Trenck fu quindi condannato a morte, approfittando anche dell’assenza a Vienna del suo vecchio amico, il neo imperatore Francesco Stefano ex duca di Lorena.


Non appena possibile gli amici di Franz si appellarono all’imperatrice che, compresa la situazione, cancellò la sentenza di morte e fece riaprire il processo; purtroppo le malefatte compiute dall’Oberst Trenck erano state troppe e l’intera opinione pubblica gli era contro quindi, sebbene grata per gli ottimi servizi in tempo di guerra, Maria Teresa lo condannò al carcere a vita, pena da scontarsi nella fortezza dello Spielberg di Brünn (Brno).


Sebbene favorito il più possibile dall’imperatrice, che volle persino concedergli in fin di vita gli arresti domiciliari, il barone non sopravvisse a quest’ultima prova. Lasciate le proprietà in gestione ai delegati del consiglio aulico von Kaempf e Pejasevicz, Franz von Trenck fece testamento il 22 settembre 1749, con il quale lasciò la favolosa somma di 20000 fiorini all’ordine dei frati Cappuccini che più volte lo avevano aiutato e il rimanente alla città di Marienburg (una delle più colpite dalle sue razzie) e a qualsiasi abitante dell’Isarwinkel che avesse potuto provare di essere stato danneggiato ingiustamente da una sua scorreria. Il 4 ottobre 1749 prese l’abito da frate cappuccino, si fece fare la tonsura, si sedette alla mensa con la testa tra le braccia e alle ore 11 esclamò: “Gottlob, la mia ora è giunta!”, spirando.


La sua saga non finì però con la sua morte. Il corpo, gettato inizialmente in una cripta senza bara, fu in seguito posto in un feretro di vetro, sostituito nel 1872 da uno nuovo in vetro e metallo tuttora esposto nella cripta dei Cappuccini di Brno. La testa fu separata dal corpo, alcuni affermano per provare all’imperatrice la sua morte, e persa durante il viaggio, per poi essere ritrovata e riattaccata al cadavere. Le sue memorie vennero stampate pochi anni dopo in tedesco, francese, italiano e inglese e la sua epopea venne portata avanti grazie anche al cugino Friederich che, oltre a pubblicarne le avventure, mise in giro la voce che Franz avesse previsto l’ora della propria morte per poi suicidarsi al momento opportuno grazie ad una dose di Acqua Toffana.



Sull’Oberst von Trenck furono anche girati due film, ovvero “Il prigioniero di Magdeburgo” (1932) e “Capitano di ventura” (1940), più altri ancora in cui fu fatto comprimario del più famoso cugino: il barone Friederich von Trenck fu infatti il degno erede del più anziano e oramai compianto Franz, diventando un vero avventuriero con imprese che gli valsero il titolo di “Casanova prussiano”. Ma questa è un’altra storia.



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